giovedì 18 febbraio 2016

IL SISTEMA LEGISLATIVO IN MATERIA DI SICUREZZA DEI LAVORATORI - LE BASI PRIMA DEL D.LGS 81/08

Le basi
L’attuale normativa in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, malgrado sia diventata, sotto un certo punto di vista, più seguita dai datori di lavoro e dai lavoratori negli ultimi anni, grazie anche ai maggiori controlli da parte degli organismi competenti, pone le sue basi e le sue origini oltre due  secoli fa.
Si pensi, ad esempio, che l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, che nasce come forma di indennità economica del lavoratore, volta a risarcirlo per la perdita della propria capacità lavorativa, vede le sue origini nel 1713, anno in cui il medico Bernardino Ramazzini pubblicò il De morbis artificum dove, per la prima volta, viene dimostrata la necessità di una legislazione protettiva della salute degli operai e di un impegno della medicina per preservarli dalle malattie.
Nella seconda metà del XIX secolo si assiste ad un passaggio epocale nel panorama italiano. Si passa da un’economia prettamente agricola, ad un’economia che si basa sull’industria, con l’introduzione di una serie di nuovi rischi che il lavoratore dell’epoca si trova ad affrontare.
La forza lavoro si trova costretta ad operare in ambienti totalmente privi di norme igieniche e di sicurezza, con turni di lavoro non regolamentati e massacranti; questo ovviamente comportò un proliferare di infortuni.
Dobbiamo aspettare il 1898 quando in Italia, con la legge n. 80, viene introdotta, per la prima volta, nel sistema legislativo, l’obbligatorietà dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.
La legge sancisce l’obbligatorietà dell’assicurazione, estendendo la copertura anche se la causa dell’infortunio deriva dal lavoratore stesso.
Quello che non viene ancora definito, però, è chi assicura l’azienda. Non esisteva un unico ente in grado di gestire le polizze e che facesse in qualche modo da moderatore.
Dobbiamo aspettare la pubblicazione della Legge 860 nel 1933, per l’assegnazione della tutela assicurativa del lavoratore ad un unico ente di riferimento. Nel 1933 nasce l’INAIL, Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.
Con il Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) 547/55 viene definito il compito di applicazione delle norme che, di fatto, si applicano a tutte le attività in cui sono presenti lavoratori subordinati.
Fin dal 1955 è chiaro come per lavoratore subordinato si intenda colui che, al di fuori del proprio domicilio, presta attività lavorativa alle dipendenze e sotto la direzione di altri, con o senza retribuzione. Quindi, di fatto, anche quelli che oggi vengono definiti apprendisti o stagisti che, senza nessun guadagno, sono inseriti nelle attività lavorative allo scopo di apprendere un mestiere.
E’ esplicito come il compito del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti sia quello di attuare le misure di sicurezza per la tutela dei lavoratori, formare i lavoratori sui rischi specifici e fare in modo che questi ultimi si attengano alle regole.
Si parla anche di lavoratori autonomi. Datore di lavoro, dirigenti e preposti devono preoccuparsi anche della loro incolumità, illustrando loro i rischi presenti negli ambienti in cui vengono chiamati ad operare.
Di fatto il DPR 547/55 pone le basi di buona parte delle regole definite nel D.Lgs 81/08, attualmente in vigore.
Con il DPR 303/56 vengono, invece, poste le basi per la corretta igiene nei luoghi dove siano presenti dei lavoratori.
Si parte dallo specificare che ogni lavoratore deve disporre di una superficie non inferiore ai 2 mq, per passare alle indicazioni minime di altezza, cubatura e superficie dei locali chiusi. Dalla pulizia degli ambienti alle indicazioni sul sufficiente isolamento termico.
Fin dal DPR 303 viene esplicitato come sia vietato adibire al lavoro locali chiusi sotterranei o semi-sotterranei, a meno che non vi sia un’idonea areazione, illuminazione e protezione contro l’umidità.
E’ con la legge 300/70 che vengono definiti i diritti dei lavoratori suoi luoghi di lavoro, compresi gli accertamenti sanitari e la tutela della salute e dell’integrità fisica.
Nasce la possibilità, da parte dei lavoratori, attraverso loro rappresentanze, di verificare che il datore di lavoro o i suoi delegati, applichino le norme per la gestione degli infortuni e di malattie professionali, oltre alla possibilità di promuovere la ricerca per il miglioramento di tutte le misure in grado di garantire maggior tutela nei lavoratori stessi.
Con la legge 833/78 si crea la prima forma di uniformità delle condizioni di salute sul territorio nazionale, stabilendo anche le relative sanzioni penali, con attenzione particolare a:
1)    Inquinamento dell’atmosfera, delle acque e del suolo
2)    Igiene e sicurezza in ambienti di vita e di lavoro
3)    Omologazione, per fini prevenzionali, di macchine, di impianti, di attrezzature e di mezzi personali di protezione
4)    Tutela igienica degli alimenti e delle bevande.
Inoltre, vengono fissati, e periodicamente sottoposti a revisione, i limiti massimi di accettabilità delle concentrazioni e i limiti massimi di esposizioni relativi ad inquinamenti di natura chimica, fisica e biologica e delle emissioni sonore negli ambienti di lavoro, abitativi e nell’ambiente esterno.
Viene definito come le unità sanitarie locali si debbano preoccupare di individuare, accertare e controllare, fattori di nocività, pericolosità e di deterioramento negli ambienti di lavoro. A loro carico anche i collaudi e le verifiche delle macchine, impianti e mezzi di protezione prodotti, installati o utilizzati nel territorio dell’unità sanitaria locale.
Nella stessa legge viene indicato come, entro il 31 dicembre 1979, il Governo debba emanare un testo unico in materia di sicurezza, che riordini la disciplina generale del lavoro e della prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali.
Con la legge 212/90 viene recepita la richiesta dell’Europa di uniformarsi nella tutela dalle radiazioni ionizzanti e sulla protezione dei lavoratori, con sanzioni per datori di lavoro e dirigenti.
Siamo nel 1991 con il D.Lgs 277/91 quando vengono prescritte le misure per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti dall’esposizione ad agenti chimici e fisici, quali esposizione al piombo, amianto e rumore.
A queste vanno contemporaneamente aggiunti gli articoli del Codice Penale del 1930 e successive modifiche e aggiornamenti; gli articoli del Codice Civile a partire dal 1942 e quelli della Costituzione Italiana del 1948.
Si arriva così al recepimento della normativa europea con direttive “sociali” che prevedono la definizione di livelli minimi per la salute e sicurezza sul lavoro, con il D.Lgs 626/94, e con direttive “di prodotto” che identificano i requisiti essenziali di sicurezza richiesti per la libera circolazione dei prodotti fra gli stati membri della comunità europea e regolamentati dalla direttiva macchine, con il DPR 459/96.
Con l’entrata in vigore del D.Lgs 626/94 e della direttiva macchine si assiste ad un cambio di concezione in merito all’approccio sulla sicurezza sul lavoro.
Vi è, di fatto, una maggiore autonomia del datore di lavoro nel valutare i rischi specifici della propria realtà lavorativa e la possibilità di individuare con maggiore autonomia i sistemi di prevenzione più adatti.
Si richiede una maggior collaborazione tra le figure della sicurezza aziendale, individuate tra datore di lavoro, dirigenti, lavoratori e loro rappresentanti, e medico competente.
Inizia a venir dato maggior peso alla formazione, informazione e addestramento dei lavoratori coinvolti nei potenziali rischi a cui sono esposti durante l’attività lavorativa.
Ad integrazione del D.Lgs 626/94 vengono poi applicate una serie di norme comunitarie atte a regolare
-       La formazione sui minori (L. 9/99)
-       Norme sull’obbligo scolastico (L. 144/99 e L. 296/07)
-       Norme per le lavoratrici madri (D.Lgs. 645/96 e D.Lgs. 151/01)
-       Norme sul lavoro notturno (D.Lgs. 66/03)

Articolo a cura di Elena Blasi

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